Il teatro nella Russia rivoluzionaria
Nel 1917 il teatro fu la prima forma d'arte che rispecchiò la radicale trasformazione sociale in corso. Ciò fu dovuto sia alla sua particolare forma espressiva legata alla vita collettiva, sia al forte radicamento che il teatro russo aveva raggiunto grazie alla stagione di grande successo della drammaturgia, il cui influsso si era esteso su tutta l'Europa occidentale.
Il nuovo governo bolscevico si trovò quindi con una forma d'arte già sviluppata ad un livello tecnico assai alto e affidò al teatro il compito di far propri i nuovi contenuti rivoluzionari.
Dopo la rivoluzione d'ottobre, l'attività teatrale venne nazionalizzata e si sviluppò l'atteggiamento tendente a sostituire la drammaturgia borghese con rappresentazioni di teatro autogestito (samedejatel'nyi teatr). Numerosi gruppi di attori, animati dalla volontà di superare il vecchio formalismo borghese, si dedicarono alla sperimentazione.
Questa operazione portò al diffondersi dello spettacolo nelle piazze o in luoghi storici, o del cosiddetto "giornale parlato". Il primo spettacolo di questo tipo fu probabilmente "L'abbattimento dell'autocrazia" (1919), eseguito a Leningrado per la regia di Vinogradov. Nel 1920 furono rappresentati tra gli altri: "La domenica di sangue" in occasione dell'anniversario della rivoluzione, "La spada della pace" per la celebrazione dell'Armata rossa, "Il crollo della comune" e "Il mistero del lavoro liberato". Numerose compagnie itineranti portarono spettacoli a carattere politico-propagandistico nelle fabbriche e nelle campagne.
In questi anni di attività collaborarono al nuovo genere teatrale numerosi pittori d'avanguardia, scrittori, architetti, nonché una moltitudine di operai e militari.
Il più famoso esempio di questo tipo di rappresentazione si ebbe in occasione del terzo anniversario della rivoluzione con "La presa del Palazzo d'Inverno". La recitazione era composta in gran parte da azioni mimiche commentate da cori sia parlati che musicali, la scenografia era costituita da un complesso di piattaforme costruttiviste con grandi pannelli pittorici di genere suprematista. Lo spettacolo fu diretto da un collettivo di registi (tra i quali vi era anche Ejzenstejn) che istruivano i diversi gruppi di attori tramite telefoni e segnali luminosi.
Nelle numerose associazioni teatrali, filodrammatiche operaie e d'avanguardia, in questo periodo, fu sempre presente l'elemento futurista dell'immagine simbolico-dinamica, specialmente nel "giornale parlato", rivisitazione dell'antico cabaret letterario che esprimeva un velata opposizione al regime zarista.
I principali drammaturghi aderenti al nuovo ordine statale si impegnarono nel creare un nuovo stile di rappresentazione e nuovi repertori per le normali sale di teatro. In modo particolare
Maksim Gorkij
(1868-1936), antesignano del realismo, e
Vladimir Majakovskij
(1893-1930), rappresentante del futurismo, vollero dimostrare come il rinnovamento delle strutture sociali potesse coincidere con quello delle forme estetiche. Fra i registi
Vsevolod Mejerchol'd
(1874-1942) rappresentò in modo eminente l'affermazione delle posizioni di avanguardia. Tali posizioni dovettero scontrarsi più volte con il radicalismo populista e con le poetiche tradizionali: a mediare tra queste correnti contribuì Anatol K. Lunacarskij che Lenin nominò Commissario del popolo per l' Educazione e che resse questa carica con prestigio fino ai primi anni dello stalinismo. Drammaturgo egli stesso, Lunacarskij, dotato di equilibrio e finezza di gusto, dedicò gran parte del suo lavoro politico all'organizzazione del teatro scrivendo anche un gran numero di saggi.
L'opera drammaturgica di Maksim Gorkij non mostrò diversità significative tra ciò che egli scrisse per il teatro prima e dopo la rivoluzione. Il fondamento estetico della sua attività fu delineato istintivamente dalla rappresentazione della realtà con un fondo prevalentemente lirico nei primi racconti di ambiente proletario e di carattere più marcatamente ideologico nei successivi. La sua particolare visione dl marxismo lo porterà ad un realismo critico, sia pure in forme nuove nei grandi romanzi della vecchiaia.
Le opere teatrali di Gorkij nacquero dalla richiesta di Stanislaskij di affiancare al realismo intimistico di Chekov un repertorio meno legato alla classe borghese di provincia. Ne "I piccolo borghesi (1902) e "Nel Fondo" fece la sua comparsa sulla scena russa il mondo urbano con i suoi aspetti mercantili, burocratici ed operai.
Nei "Villeggianti" (1905) venne invece affrontato il problema dello straniamento idealistico degli intellettuali dalla realtà. "Vassa zeleznova" (1910) fu forse la più importante opera teatrale dello scrittore e rappresentò il trapasso dall'assolutismo al liberalismo attraverso l'allegoria dell'agonia di un padre di famiglia che simboleggia la fine di un mondo.
Vladimir Majakovskij, che aveva svolto attività clandestina per il partito bolscevico del 1906, era già prima della rivoluzione come poeta d'avanguardia. Nel 1912, entrato nel gruppo dei cubofuturisti , compose un monogramma in versi, intitolato con il suo stesso nome, da lui interpretato l'anno successivo al teatro Luna-park di Pietroburgo: Majakovskij era circondato da figure simboliche grottesche, mimi ed effetti corali.
Nel 1918 Majakovskij portò in scena il suo primo testo drammatico, "Mistero buffo" per la regia di Vsevolod Mejerchol'd con scene di Malevic. L'opera è una allegoria del diluvio universale nella quale quattordici capitalisti e quattordici operai si ritrovano al polo nord e viaggiano su una nuova arca di Noé verso una nuova terra promessa. I personaggi sono maschere e tutta l'opera si svolge tra versi saltellanti e spiritosi, tra duetti e balli.
Dopo una serie di lavori minori Majakovskij ripropose uno spettacolo impegnativo, "La cimice" (1928), messa in scena da Mejerchol'd e musicata da Shostakovic. La storia e quella di una festa di matrimonio tra un operaio e la figlia di un parrucchiere che a causa di un incendio vede morire tutti gli invitati ad eccezione dello sposo che viene trasformato dai pompieri in un blocco di ghiaccio. L'operaio si risveglierà solo nel 1979, i suoi atteggiamenti lo renderanno incomprensibile agli uomini del futuro che lo metteranno in un museo insieme con una cimice.
"Il bagno" del 1930 fu l'ultima commedia majakovskiana, nella quale si resero evidenti le influenze della nuova realtà politica stalinista. L'obiettivo satirico si spostò verso la burocrazia divenuta la zavorra da cui la vita sovietica doveva liberarsi per adeguarsi al vero destino della rivoluzione.
Anche la direzione di quest'opera venne affidata a Vsevolod Mejerchol'd, il quale fece confluire nella sua opera tutte le tensioni creative dellepoca. Fin dal 1905 era stato indotto da Stanislavskij a creare un laboratorio sperimentale presso il teatro d'Arte di Mosca. I suoi primi spettacoli furono realizzati per l'attrice Irina Kommisarzevskaja, e nel 1912 uscì il suo saggio teorico "O teatr".
Segue un breve rapporto con l'attrice Vera Fëdorovna Kommisarevskaja che gli affida la propria compagnia a San Pietroburgo; in questa città Mejerchol'd lavora stabilmente fino allo scoppio della rivoluzione tra i due teatri imperiali, Aleksandriskij e Teatro Mariinskij, in cui porta in scena spettacoli di prosa (Don Giovanni di Molière, L'uragano di Aleksandr Nikolaevic Ostrovskij) e di teatro musicale (Tristano e Isotta di Richard Wagner).
Durante la rivoluzione del 1917, mentre stava portando in scena "Un ballo in maschera" di Lermontov, volle partecipare alla fermento creativo in atto facendosi interprete a teatro dello spirito marxista identificabile con il cubofuturismo.
Inizialmente questa trasformazione sembrò trionfare e Mejerchol'd ottenne la direzione del
Teatro della Rivoluzione
(in seguito denominato
Teatro Mejerchol'd
). Le sue teorie si basarono sulla constatazione, tipicamente futurista, che il XX° secolo rappresentasse principalmente l'era della macchina: dall'analogia dell'uomo con essa emergeva il suo concetto di attore nonché la sua visione scenografica (costruttivismo). Singolari strutture lignee e metalliche, gruppi di attori e ballerini esagitati divennero usuali negli spettacoli di Mejerchol'd che elaborò,oltre i testi di Majakovskij anche opere di classici come Gogol e Ostrovskij.
All'inizio degli anni trenta la vita ed il lavoro di Mejerchol'd si fecero sempre più difficili anche se sino alla fine degli anni venti era sopravvissuto il pluralismo di tendenze caldeggiato da Lunacarskij e più volte incoraggiato da Lenin.
La cultura sovietica venne cristallizzata sulle posizioni del realismo socialista che estromise l'artista non allineato dalla libera espressione della sua opera fino a farlo considerare come un nemico della nazione. Mejerchol'd divenne vittima di questo processo di emarginazione. Nel 1938 il suo teatro venne chiuso ed egli, malgrado i suoi tentativi di autocritica, fu processato e deportato.
Il grande creatore del teatro russo moderno fu senza dubbio l'attore-regista-teorico
Konstantin S. Stanislavskij
(1863-1938) che aveva portato sulle scene le famose opere di Cechov e di Gorkij, anticipando già nei primi decenni del '900, le teorie del realismo socialista.
Stanislavskij conferì il primato delle sue sperimentazioni creative agli elementi psicologici dei personaggi. Egli si avviò sulla strada del simbolismo e del formalismo, ma dopo la rivoluzione dovette fronteggiare gli attacchi dei futuristi e dei populisti contro lo spirito borghese del
Teatro d'Arte
. Nel 1919 la sua compagnia in tourneé a Charkov rimase tagliata fuori dalle comunicazioni con Mosca dalle truppe bianche del generale Denikin, obbligandolo ad assumere giovani allievi e ad impartirgli una lunga elaborazione didattica. Ne nacque lo spettacolo "Caino" (1920) su testo di Byron, ma esso risultò di una raffinatezza esagerata.
Tra il 1922 ed il 1924 la compagnia compì una trionfale tourneé negli Stati Uniti dove
il metodo Stanislavskij
fu una rivelazione e pose le basi del teatro americano moderno.
Il metodo recitativo ideato da Stanislavskij si basava sull'approfondimento psicologico del personaggio (psicotecnica) e sulla ricerca delle affinità interiori tra protagonista e attore. Le emozioni venivano elaborate intimamente e reinterpretate sulla scena. L'insegnamento di Stanislavskij proponeva l'esercizio continuo della rielaborazione analitica degli atteggiamenti non verbali.
Limportanza del metodo risiedeva soprattutto nel fatto che per la prima volta il processo interpretativo dellattore veniva sottoposto ad unanalisi rigorosa da parte di se stesso.
Due furono, per Stanislavskij, i procedimenti alla base dellinterpretazione: quello della personificazione e quello della riviviscenza.
Il processo di personificazione partiva dal rilassamento muscolare per proseguire con lo sviluppo dellespressività fisica, dellimpostazione della voce, della logica e della caratterizzazione esteriore.
Il processo di reviviscenza si sviluppava dalle funzioni dellimmaginazione e proseguiva con la divisione del testo in sezioni, con lo sviluppo dellattenzione, leliminazione dei cliché, e lidentificazione del tempo-ritmo. Nella reviviscenza tutto ciò che non era rivissuto restava inerte, meccanico ed inespressivo. Essa doveva essere in sintonia perfetta con la personificazione.
Il vecchio maestro tornò in patria pieno di prestigio; in Russia assistette al tramonto del futurismo e del populismo sperimentale. Con l'avvento di Stalin egli poté assecondare il ritorno del realismo, già ricercato spontaneamente negli anni della giovinezza.
I nuovi spettacoli del Teatro d'Arte, legati alle tematiche del socialismo, si rivelarono straordinariamente importanti per il valore dei testi e per la qualità della regia. "Nicola I° e i decabristi" di Kugel (1926), "I giorni dei Turbiny" di Bulgakov (1926), "Il treno blindato 14-69" di Ivanov (1927), "Untilovsk" di Leonov ed "I dissipatori" di Kataev (1928), "Le anime morte" adattate da Bulgakov (1932), furono gli spettacoli di maggior successo di cui Stanislavskij curò personalmente la pianificazione e la supervisione finale, affidandone la regia ai suoi collaboratori.
Egli, in quegli anni si dedicò soprattutto alla preparazione di nuovi attori ed alla regia di opere liriche presso il teatro Bolsoj.
L'ultimo spettacolo a cui collaborò Stanislavskij fu il "Tartuffe" di Moliere che apparve postumo al Teatro d'Arte di Mosca il 4 dicembre 1939. I risultati dei suoi studi furono raccolti in alcuni volumi: nel 1938 fu pubblicato
Il lavoro dell'attore su sé stesso
e nel 1957
Il lavoro dell'attore sul personaggio
.
Tra i grandi teatranti della Russia rivoluzionaria vi fu anche
Aleksandr Tairov
(1885-1950). Il
Teatro da camera
da lui fondato nel '14 fu caratterizzato dalla ricerca della completezza espressiva dell'attore.
L'espressione drammatica oscillava tra "il mistero" e "l'arlecchinata". Tairov si avvalse della collaborazione di grandi pittori come Larionov e la Gontcharova in seguito sostituiti da celebri scenografi come la Exter e lo Sternberg. Dal suo insegnamento fiorirono interpreti di un virtuosismo tecnico strabiliante, tra i quali si colloca al primo posto Alisa Koonen.
L'attività del suo primo periodo post-rivoluzionario fu accusata di estetismo, ma il suo lavoro fu protetto da Lunaciarskij che ne aveva intuito il valore. Nel momento di maggior trionfo di Mejerchol'd, Tairov fu accusato di essere il massimo esponente del formalismo borghese.
Egli portò in scena nel 1917 "Salomé" di Oscar Wilde, dove la protagonista diviene la bandiera dell'anticonformismo anarchico. A questa opera seguirono "Adriana Lecouvreur" di Scribe (1919), "L'annonce faite a Marie" di Paul Claudel (1920), "Romeo e Giulietta" di Shakespeare (1921) e "Fedra" di Racine" (1921).
Nel contesto sociale russo dell'epoca tali opere classiche non vennero facilmente recepite in quanto mancanti di riferimenti espliciti al socialismo. Maggior successo ebbero invece le realizzazioni comiche, "Principessa Brambilla" di Hoffmann (1920) e "Giroflé-Giroflà" di Lecocq (1922) nelle quali l'invenzione visiva di Tairov raggiunse limiti fino allora sconosciuti. Nel 1924 portò in scena una profonda rivisitazione de "L' uragano" di Ostrovskij che rappresentò la scoperta delle contraddizioni del capitalismo contemporaneo e segnò l'accostamento artistico agli espressionisti tedeschi.
Successivamente vennero inseriti nel repertorio del Teatro da camera le opere di scrittori sovietici: "L'isola scarlatta" di Bulgakov (1928), "Natalia Tarpova" di Semionov (1929), "La sonata patetica" di Kulis (1931).
Al ritorno da una tourneè trionfale in occidente, Tairov mise in scena il più importante tra i testi della drammaturgia sovietica: "La tragedia ottimistica" di Visnevskij (1934) con il quale venne celebrato il ventennale della fondazione del Teatro da camera. La trama prendeva spunto da un episodio realmente accaduto, una donna convince dei marinai anarchici ad aderire al comunismo e li munisce di una disciplina rivoluzionaria.
La vita successiva dl Teatro da camera si svolse in un clima di progressiva censura ma ciò non impedì a Tairov di dimostrare le sue eccezionali capacità di regista, come nella "Madame Bovari" di Flaubert (1940).
Durante l'occupazione nazista dell'URSS il maestro si dedicò a spettacoli di propaganda.
A differenza di molti suoi illustri colleghi, sopravvisse alle persecuzioni staliniane e concluse la sua carriera con interpretazioni molto personali dei classici del realismo.