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Il sito della rivoluzione d'Ottobre


La nascita del Bolscevismo

Lo Zar Alessandro II L'atmosfera di cambiamento generato nella metà del XIX secolo dalle riforme dello zar Alessandro II, provocò la nascita, di nuovi movimenti d'opinione ad opera di giovani intellettuali, che rivolgevano la loro attenzione direttamente al popolo.Vide così la luce il populismo che si divise in tre filoni: il nichilismo, l'anarchismo ed il primo movimento rivoluzionario di Tkacëv.
Il populismo riteneva indispensabile tener conto della realtà sociale essenzialmente contadina e in tale realtà il movimento avrebbe dovuto trovare il necessario consenso. Pertanto esso si sforzò di creare una base popolare alla sua azione: gli intellettuali cessavano di essere gli attori della storia, madovevano servire la classe sociale dei contadini, estranea al capitalismo, senza guidarla.
I populisti (in russo Narodniki, da narod, popolo) erano intellettuali radicali che avevano scelto di abbandonare le classi aristocratiche e che divennero i primi socialisti rivoluzionari in Russia. Nell'estate 1874 migliaia di giovani benestanti abbandonarono le università per unirsi al popolo nelle campagne. Per la prima volta la lotta politica lasciava spazio alle masse popolari.
Aleksandr Herzen Aleksandr Herzen (1812-1870) fu tra i primi fondatori del populismo. Nobile e proprietario terriero, visse in esilio dal 1847. Pubblicò diverse opere letterarie e riuscì a diffondere in Russia tra il 1857 e il 1867 la rivista Kolokol (Le campane) pubblicata a Londra.
'Herzen fu il fondatore del socialismo russo, del populismo...' ricordava Lenin ' in quel periodo della storia in cui lo spirito rivoluzionario dei democratici borghesi era già morto e la coscienza rivoluzionaria del proletariato socialista non era ancora matura'.
Per i populisti i privilegiati dal destino dovevano porsi al servizio dei meno fortunati e le scienze esatte lasciare il passo all'attenzione per la persona umana ed alle esigenze di giustizia sociale. Essi pensavano che i contadini fossero una classe rivoluzionaria e proclamarono il loro disprezzo per il decreto di emancipazione dello zar e per la religione, ma le loro parole rimasero inascoltate.
I contadini rimasero fedeli alla fede ed al sovrano. I giovani del movimento furono accolti da costoro a colpi di forcone e spesso denunciati ai gendarmi. Una volta arrestati gli agitatori, il movimento, non sostenuto da una adeguata organizzazione rivoluzionaria, crollò. Esso tuttavia ebbero il grande merito di aver compreso il cambiamento determinatosi in Russia dopo il 1861.
Il primo movimento clandestino populista fu Zemlja i volja (terra e libertà) nel 1862 che si divise tra i seguaci di Bakunin e quelli di Lavrov.
Michail Bakunin (1814-1876) divenne il maggiore rappresentante di un altro vasto movimento rivoluzionario: l' anarchismo . Egli, ex ufficiale dell'esercito nobile, riteneva che il popolo russo fosse impregnato di spirito rivoluzionario e che bisognasse ridestare questa virtù incitandolo ad insorgere. Ai suoi occhi i russi possedevano anche un altra qualità, ritenuta risolutiva per un futuro insurrezionale: l'assenza di una “coscienza statale” e di una inclinazione, tipica delle popolazioni germaniche, per l'organizzazione. Pertanto Bakunin riteneva che la Russia fosse la nazione ideale per realizzare l'abolizione di qualsiasi ordinamento sociale.
La libertà era il bene assoluto da ricercare attraverso l'abbattimento dello Stato e del Capitale, ritenuti le cause della schiavitù e dell'ineguaglianza tra gli uomini.
M.Bakunin Ciò che divideva Bakunin da Marx era la concezione dello Stato; per il primo infatti lo Stato, contrario alla natura dell'uomo, non è altro che "sinonimo di costrizione, di dominazione attraverso la forza, camuffata se possibile, ma, al bisogno, brutale e nuda ". Secondo l'anarchismo la vera rivoluzione non era, come invece consideravano i marxisti, la conquista del potere da parte della classe operaia, la distruzione dello stato borghese e la sua sostituzione con lo stato proletario, bensì la definitiva scomparsa di quelle strutture statali considerate d'assoggettamento, guidate dal governo, dalla religione, dalla ricchezza e dalla proprietà. L'obiettivo finale era l'emancipazione universale che consisteva nella liberazione dal bisogno, nel uguaglianza economico-sociale e nella piena autonomia politica degli individui.
Bakunin anticipò la tesi bolscevica, sostenuta da Lenin, secondo la quale si proponeva di lasciare all'azione spontanea dei lavoratori la possibilità di agire in senso rivoluzionario, usufruendo della violenza e dello sciopero politico e facendo leva sugli strati più miseri della popolazione.
P.L.Lavrov L'ex colonnello dell'esercito P.L.Lavrov (1823-1901) fondatore del giornale clandestino Vpered (Avanti), sosteneva invece la necessità di diffondere prima le idee socialiste tra il popolo e quindi educare un numero sufficente di leader.
In un congresso segreto nel 1879, la questione della tattica spaccò Zemlja i volja in due frazioni: il gruppo Narodnaja Volja (Libertà del popolo) e quello Cernyj peredel (Suddivisione nera). Il primo usò il terrorismo contro i funzionari del governo e persino contro lo zar Alessandro II che venne ucciso da costoro nel 1881. I suoi membri furono tutti arrestati, esiliati o condannati a morte tra il 1881 ed il 1884. Il secondo gruppo, invece,capeggiato da studenti di ingegneria mineraria, quali Plekhanov (1856-1918) e Aksel'rod (1850-1928) respinse il terrorismo come arma per ottenere riforme politiche.
Il nichilismo propugnava il progresso sociale come il solo obiettivo da perseguire. Cernysevskij Ebbe tra i maggiori teorici Pisarev, Dobroljubov e sopratutto Cernysevskij (1828-1889). Quest'ultimo, figlio di un prete ortodosso, scontò oltre venti anni di carcere in Siberia a causa del suo radicalismo, convinto che soltanto l'economia collettivista dei contadini potesse salvare la Russia.
Dal suo romanzo "Che fare?" Lenin prese spunto per intitolare una delle sue opere più importanti.
I nichilisti cercarono di guadagnarsi il favore della popolazione per evitare che la gente si riavvicinasse allo zar. Essi ritenevano importanti solo le scienze esatte e pertanto voltarono le spalle alla filosofia, alla letteratura ed all'arte.
Nonostante il rifiuto della cultura umanistica furono proprio i grandi scrittori russi a dare risalto e popolarità al movimento. Fu Turgenev, in Padri e figli a divulgare il termine “nichilista” ed a tracciare il profilo morale di quegli uomini mentre Dostoevskij si ispirò per I demoni all'assassinio dello studente Ivanov voluto da Necaev.
Petr Tkacev (1844-1886) coprì un ruolo importante nello sviluppo del pensiero rivoluzionario russo e nella genesi del leninismo. Petr Tkacev Militante nelle manifestazioni studentesche, egli ereditò nel suo pensiero le esperienze e le riflessioni dei populisti e degli anarchici ma aprì una nuova strada nel modo di pensare degli intellettuali russi.
Tkacev fu il primo teorico della rivoluzione russa, considerata non come una presa di potere da parte delle masse ma da parte di una minoranza rigorosamente organizzata che doveva inquadrare e dirigere il popolo per realizzare così delle riforme socialiste attraverso la macchina dello Stato. Nel suo giornale Nabat (Campane) venivano proposte le tecniche e le finalità della conquista del potere, che avrebbero indicato a Lenin il cammino da percorrere.
Verso la fine dell'ottocento in Russia gli intellettuali cominciarono a presagire che l'espansione dei sistemi di produzione capitalistici dell'occidente poteva affermarsi anche nel loro paese e condurre ad una medesima evoluzione sociale. Le analisi di Marx sulla natura e l'evoluzione del capitalismo acquistarono pertanto una grande rilevanza.
G.Plekhanov. Georgij Plekhanov considerato "il padre del marxismo russo", immaginò che la borghesia e la classe operaia si sarebbero evolute in maniera analoga ai paesi capitalisti occidentali, mentre la classe contadina, retriva e conservatrice sarebbe stata man mano assorbita dalle classi più evolute della società. Plekhanov affermò che l'ascesa del sistema capitalistico russo, contemporaneamente all'inevitabile declino fino all'eclissi in occidente, avrebbe provocato la caduta dell'assolutismo e l'avvento della “rivoluzione borghese” mentre in Europa sarebbe maturata la “rivoluzione proletaria”.
Il proletariato in Russia avrebbe dovuto sostenere la “rivoluzione borghese” che avrebbe a sua volta generato una classe proletaria sempre più forte, in grado di intraprendere la lotta vittoriosa contro la stessa borghesia. Dal punto di vista economico l'offerta massiccia di merci russe sui mercati dell'ovest, indotta dal nuovo sistema capitalistico, avrebbe provocato la crisi dell'economia occidentale e spinto i popoli sulla via della “rivoluzione proletaria”. La classe operaia russa doveva tenersi pronta a conquistare il potere quando la “rivoluzione proletaria” si fosse affermata nell'Europa occidentale.
Mentre Plekhanov giudicava necessario un lungo periodo di attesa prerivoluzionaria, Lenin , convinto che il destino di un popolo fosse condizionato dallo sviluppo della produzione e dalle forze esistenti all'interno delle diverse classi sociali, riteneva che i tempi per la rivoluzione socialista fossero oramai maturi.
I socialisti russi dovevano “sviluppare la dottrina marxista in maniera autonoma” e in Russia gli operai ed i contadini dovevano unirsi per strappare con mezzi rivoluzionari il potere allo zarismo, ai possidenti ed alla borghesia e quindi intraprendere con il proletariato di tutto il mondo la lotta vittoriosa del socialismo. Tale convinzione diventò la base di tutto il suo piano d'azione rivoluzionario. I socialisti russi, organizzati in un partito di rivoluzionari istruiti e disciplinati, dovevano divenire le guide della rivoluzione. Essi non potevano attendere che gli operai conquistassero da sé una coscienza politica di classe, ma dovevano apportare dal “di fuori” tale coscienza per accelerare il corso ineluttabile della rivoluzione. Il partito aveva il compito di costituire i quadri dirigenti al servizio della rivoluzione, nei quali il proletariato ed i contadini avrebbero rappresentato la base e l'esercito combattente contro i capitalisti, i possidenti e gli sfruttatori.
Il sistema politico zarista divenne, all'inizio del ventesimo secolo, inadeguato per permettere alla Russia di compiere il processo di modernizzazione ed europeizzazione. In questo clima nacquero i primi partiti politici: alcuni riformisti (come "l'Unione d'ottobre" costituita da monarchici costituzionalisti ed i "Costituzionalisti democratici" o "Cadetti") altri rivoluzionari (tra i quali ci furono i "socialisti rivoluzionari" ed il "partito operaio socialdemocratico russo", di ispirazione marxista).
Il Partito operaio socialdemocratico russo (POSDR) venne fondato a Minsk nel 1898, raccogliendo l'eredità dell'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia del 1895 (che vide anche un giovanissimo Lenin tra i fondatori), il quale, a sua volta, proseguiva l'opera del gruppo Emancipazione del lavoro costituito da Plekhanov nel 1893.
Lenin Il Bolscevismo , guidato da Lenin, sorse nel 1903 al II congresso di Londra del POSDR, quando le posizioni politiche di estrema opposizione rivoluzionaria, ottennero la maggioranza (bol'sinstvo) contro i menscevichi (mensinstvo) guidati da Martov e Aksel'rod, che invece propugnavano un approccio graduale al socialismo. La divisione tra bolscevichi e menscevichi ebbe in realtà radici profonde che affondavano in una diversa visione del marxismo, da una parte si schierarono i sostenitori di una nuova lettura della dottrina rivoluzionaria (che verrà denominata marxismo-leninismo ) dall'altra i fautori del cosiddetto marxismo tradizionalista .
Nel 1912 i bolscevichi costituirono un partito marxista indipendente che continuò, comunque, a chiamarsi Partito operaio socialdemocratico di Russia, con l'aggiunta tra parentesi del termine “bolscevico”.
Negli avvenimenti del Febbraio 1917 il movimento si trovò in posizione nettamente secondaria poichè tutte le organizzazioni erano state eliminate dalla polizia zarista e i capi deportati o costretti all'esilio. Con il ritorno di Lenin dalla Svizzera nell'aprile 1917 il partito bolscevico ricevette nuovo vigore sia sul piano politico sia su quello strategico, e si guadagnò gradualmente il favore delle masse, proponendo un programma molto semplice, conforme alle loro aspirazioni (pace, terra ai contadini, officine agli operai, libertà ai popoli).
Lenin era convinto che il partito, autentico depositario della coscienza di classe, dovesse essere formato da rivoluzionari di professione ed avere una struttura compatta per fornire al proletariato gli strumenti strategici e organizzativi. Tali idee assunsero un ruolo fondamentale nella conquista del potere politico nell'ottobre 1917, divenendo un punto di riferimento per i partiti comunisti del mondo e una sorta di "principio universale" a cui tutte le organizzazioni operaie dovevano ispirarsi.
Il bolscevismo era nato come applicazione del marxismo alle particolari condizioni della Russia, che fondava le sue radici, oltre che nel populismo russo, anche nel radicalismo cospirativo. Lenin riteneva che le rivoluzioni liberali del capitalismo occidentale non potessero aver successo nello stato zarista, a causa della mancanza di una borghesia imprenditoriale in grado di modernizzare il paese.
Alla morte di Lenin si aprì all'interno del partito una lunga crisi causata dalla forte rivalità tra i leaders candidati alla successione, dato che nessuno di loro godeva dell'autorità indiscussa di Lenin. La sinistra, guidata da Trotzkij, divenne sostenitrice della tesi del "Bolscevismo internazionale", contrapponendosi al gruppo degli "oppositori di destra", capeggiati da Bukharin e Rykov, che invece proposero il programma del "socialismo in un solo paese".
Stalin, divenuto segretario nazionale del partito, impose una sintesi tra i due programmi creando l'idea del "bolscevismo imperiale", basato sull'appoggio della rivoluzione nei paesi vicini all'Urss, con lo scopo di sovietizzarli.
Nel 1918 il Partito bolscevico cambiò nome in Partito comunista russo (bolscevico) che mantenne fino al 1925, quando divenne il Partito comunista (bolscevico) dell'URSS, infine, nel 1952, assunse il nome di Partito comunista dell'Unione Sovietica (PCUS).
Nei paesi capitalisti il termine "bolscevismo" venne utilizzato per qualificare il comunismo sovietico in generale, in realtà esso non è mai stato una dottrina astratta bensì ha costituito una serie di posizioni adottate dalla maggior parte dei marxisti russi di fronte ai problemi concreti della presa del potere, al fine di instaurare la dittatura del proletariato attraverso l'azione del partito socialdemocratico russo.
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